Ci viene chiesto sovente, come se il nostro passato ci conferisse una virtù profetica, se “Auschwitz” ritornerà: se avverranno cioè altri stermini di massa, unilaterali, sistematici, meccanizzati, voluti a livello di governo, perpetrati su popolazioni innocenti ed inermi, e legittimati dalla dottrina del disprezzo. Profeti, per nostra buona sorte, non siamo, ma qualcosa si può dire. Che una tragedia simile, quasi ignorata in Occidente, è avvenuta intorno al 1975 in Cambogia, che la strage tedesca ha potuto innescarsi, e poi si è alimentata di se stessa, per brama di servitù e per pochezza d’animo, grazie alla combinazione di alcuni fattori (lo stato di guerra; il perfezionismo tecnologico ed organizzativo germanico, la volontà ed il carisma capovolto di Hitler; la mancanza, in Germania, di solide radici democratiche), non molto numerosi, ognuno di essi indispensabile ma insufficiente se preso da solo. Questi fattori si possono riprodurre, e in parte già si stanno riproducendo, in varie parti del mondo. La ricombinazione di tutti, entro dieci o vent’anni (di un futuro più lontano non ha senso parlare), è poco probabile ma non impossibile. A mio avviso, una strage di massa è particolarmente improbabile nel mondo occidentale, in Giappone ed anche in Unione Sovietica: i Lager della seconda guerra mondiale sono ancora nella memoria di molti, a livello sia di popolazione sia di governi, ed è in atto una sorta di difesa immunitaria che coincide ampiamente con la vergogna di cui ho parlato.
Su cosa possa avvenire in altre parti del mondo, o dopo, è prudente sospendere il giudizio; e l’apocalisse nucleare, certamente bilaterale, probabilmente istantanea e definitiva, è un orrore maggiore e diverso, strano, nuovo che esorbita dal tema che ho scelto.
La vergogna da I sommersi e i salvati di Primo Levi
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