“Questo lo saprei fare anche io”. È una tipica frase di molte persone di fronte all’apparente semplicità e alla mancanza di tecnica artigianale di molta arte contemporanea. Chi non sa fare un taglio sulla tela come Lucio Fontana o allineare alcune pietre come Richard Long?
La battuta immediata di risposta potrebbe essere “E allora perché non lo fai? Considerando anche che un ‘taglio’ di Fontana costa quanto un intero anno di stipendio di un manager, potrebbe essere un’ottima alternativa alla vincita a una lotteria!”
Innanzitutto c’è una bella differenza tra “fare” e “rifare”. Il fatto che io sappia suonare al pianoforte una sonata di Schubert non mi mette certo allo stesso livello del compositore, anche ipotizzando che la mia tecnica pianistica sia impeccabile. Anche la più semplice delle melodie può essere meravigliosa e il fatto che esistano al mondo migliaia e migliaia di musicisti in grado di eseguirla (a volte dotati di tecnica decisamente migliore di quella degli originali compositori) non diminuisce l’importanza dell’idea, dell’invenzione, della creazione dell’opera.
È quindi predominante il momento creativo rispetto a quello esecutivo e, per quanto riguarda quest’ultimo, il problema riguarda essenzialmente la distinzione tra abilità manuale e arte. Non tutti i bravi artigiani sono artisti e la maestria, anche se a prima vista può impressionare, è in realtà solo uno dei tanti elementi, e oggi non il più importante, nella complessa miscela che crea un’opera d’arte. È per questo che un taglio di Fontana, facilissimo da eseguire, è un’opera d’arte di grande importanza e valore.
Prima di lui era impensabile ‘sfondare’ fisicamente il piano della tela mentre oggi lo può fare chiunque: ciò non leva ma anzi conferisce maggiore valore all’idea di Fontana. Può sembrare impensabile che la tecnica non conti più molto? Un esempio da un altro settore del genio umano può aiutare a chiarire i termini della questione. Prendiamo la letteratura.
Tutti noi condividiamo la convinzione che il nostro secolo abbia prodotto alcuni grandi poeti: Eugenio Montale e T. S. Elio, ad esempio, entrambi premi Nobel per la letteratura. Eppure nessuno di loro scriveva in rima mentre la costruzione in rima dei componimenti, fino alla grande rivoluzione del ‘verso libero’, era l’imprescindibile tecnica di base della poesia.
Nel medioevo non sarebbe stato concepibile scrivere poesie non in rima e fino a tutto l’ottocento il verso doveva seguire ferree regole relative almeno alla metrica. La bravura del poeta risiedeva proprio nel riuscire a esprimersi al meglio pur nelle costrizioni che le leggi dell’armonia (gli accenti, il numero preciso di battute di ogni verdo, le rime, la lunghezza della composizione ecc.) gli imponevano.
Tutto questo non esiste più e chi scrive oggi in versi o in rima viene considerato come l’autore di un gioco letterario più che di una poesia.
La tecnica poetica, quindi, ha perso totalmente la sua importanza, ma il valore della poesia è più vivo che mai.
Parimenti nelle arti figurative, soprattutto dopo che l’avvento della fotografia alla fine dell’ottocento ha tolto ogni importanza alla necessità di riproduzione della realtà, l’abilità pittorica di un artista ha iniziato a perdere sempre più importanza fino a scomparire totalmente negli anni sessanta e settanta lasciando invece campo libero all’arte concettuale dove appunto ciò che conta è l’idea, il concetto e non la sua esecuzione.
È ovvio che pittori figurativi continueranno a esistere, ma la vera e propria rivoluzione posta in essere dalla fotografia ha completamente ribaltato l’importanza di alcuni fattori a scapito di altri. Inoltre, il fatto che così tanti artisti negli anni novanta utilizzino il mezzo fotografico non vuole essere una scorciatoia alla pittura, bensì un mezzo che eliminando la fatica della riproduzione artigianale fornisce all’artista maggiore spazio, tempo e lucidità per concentrarsi su altri e diversi aspetti (di tipo mentale e concettuale) insiti nella scelta della riproduzione di un determinato soggetto.
L’importanza della tecnica è stata poi in parte recuperata negli anni ottanta (tecnicamente preparatissimo è ad esempio lo spagnolo Miquel Barcelo) e ha, assunto connotati diversi negli anni novanta quando la tecnica stessa si è evoluta con l’uso di diversi e sofisticati mezzi di espressione, innanzitutto il video, che per poter essere sfruttati al meglio hanno bisogno di un supporto di materiali e di risorse umane a volte molto ingenti ( la lista delle persone che partecipano alla produzione delle opere fotografiche o dei video dell’artista giapponese Mariko Mori è impressionante: sembra di vedere scorrere i titoli di coda di un film!).
Ma allora se la tecnica è ormai solo uno degli elementi dell’opera, perché il taglio sulla tela di Fontana può costare 250/500mila euro se di fatto è così facilmente riproducibile?
Esclusivamente perché è originale e, in quanto originale, unico e irriproducibile. È espressione di un artista in un momento storico. È una parte di storia dell’arte. Ha vissuto la sua realtà come la bandiera stracciati di un museo risorgimentale che ha ben altro valore di una bandiera nuova di zecca appena uscita dalla fabbrica di tessuti.
Giorgio Guglielmino Come guardare l’arte contemporanea e vivere felici pag 37-39
La battuta immediata di risposta potrebbe essere “E allora perché non lo fai? Considerando anche che un ‘taglio’ di Fontana costa quanto un intero anno di stipendio di un manager, potrebbe essere un’ottima alternativa alla vincita a una lotteria!”
Innanzitutto c’è una bella differenza tra “fare” e “rifare”. Il fatto che io sappia suonare al pianoforte una sonata di Schubert non mi mette certo allo stesso livello del compositore, anche ipotizzando che la mia tecnica pianistica sia impeccabile. Anche la più semplice delle melodie può essere meravigliosa e il fatto che esistano al mondo migliaia e migliaia di musicisti in grado di eseguirla (a volte dotati di tecnica decisamente migliore di quella degli originali compositori) non diminuisce l’importanza dell’idea, dell’invenzione, della creazione dell’opera.
È quindi predominante il momento creativo rispetto a quello esecutivo e, per quanto riguarda quest’ultimo, il problema riguarda essenzialmente la distinzione tra abilità manuale e arte. Non tutti i bravi artigiani sono artisti e la maestria, anche se a prima vista può impressionare, è in realtà solo uno dei tanti elementi, e oggi non il più importante, nella complessa miscela che crea un’opera d’arte. È per questo che un taglio di Fontana, facilissimo da eseguire, è un’opera d’arte di grande importanza e valore.
Prima di lui era impensabile ‘sfondare’ fisicamente il piano della tela mentre oggi lo può fare chiunque: ciò non leva ma anzi conferisce maggiore valore all’idea di Fontana. Può sembrare impensabile che la tecnica non conti più molto? Un esempio da un altro settore del genio umano può aiutare a chiarire i termini della questione. Prendiamo la letteratura.
Tutti noi condividiamo la convinzione che il nostro secolo abbia prodotto alcuni grandi poeti: Eugenio Montale e T. S. Elio, ad esempio, entrambi premi Nobel per la letteratura. Eppure nessuno di loro scriveva in rima mentre la costruzione in rima dei componimenti, fino alla grande rivoluzione del ‘verso libero’, era l’imprescindibile tecnica di base della poesia.
Nel medioevo non sarebbe stato concepibile scrivere poesie non in rima e fino a tutto l’ottocento il verso doveva seguire ferree regole relative almeno alla metrica. La bravura del poeta risiedeva proprio nel riuscire a esprimersi al meglio pur nelle costrizioni che le leggi dell’armonia (gli accenti, il numero preciso di battute di ogni verdo, le rime, la lunghezza della composizione ecc.) gli imponevano.
Tutto questo non esiste più e chi scrive oggi in versi o in rima viene considerato come l’autore di un gioco letterario più che di una poesia.
La tecnica poetica, quindi, ha perso totalmente la sua importanza, ma il valore della poesia è più vivo che mai.
Parimenti nelle arti figurative, soprattutto dopo che l’avvento della fotografia alla fine dell’ottocento ha tolto ogni importanza alla necessità di riproduzione della realtà, l’abilità pittorica di un artista ha iniziato a perdere sempre più importanza fino a scomparire totalmente negli anni sessanta e settanta lasciando invece campo libero all’arte concettuale dove appunto ciò che conta è l’idea, il concetto e non la sua esecuzione.
È ovvio che pittori figurativi continueranno a esistere, ma la vera e propria rivoluzione posta in essere dalla fotografia ha completamente ribaltato l’importanza di alcuni fattori a scapito di altri. Inoltre, il fatto che così tanti artisti negli anni novanta utilizzino il mezzo fotografico non vuole essere una scorciatoia alla pittura, bensì un mezzo che eliminando la fatica della riproduzione artigianale fornisce all’artista maggiore spazio, tempo e lucidità per concentrarsi su altri e diversi aspetti (di tipo mentale e concettuale) insiti nella scelta della riproduzione di un determinato soggetto.
L’importanza della tecnica è stata poi in parte recuperata negli anni ottanta (tecnicamente preparatissimo è ad esempio lo spagnolo Miquel Barcelo) e ha, assunto connotati diversi negli anni novanta quando la tecnica stessa si è evoluta con l’uso di diversi e sofisticati mezzi di espressione, innanzitutto il video, che per poter essere sfruttati al meglio hanno bisogno di un supporto di materiali e di risorse umane a volte molto ingenti ( la lista delle persone che partecipano alla produzione delle opere fotografiche o dei video dell’artista giapponese Mariko Mori è impressionante: sembra di vedere scorrere i titoli di coda di un film!).
Ma allora se la tecnica è ormai solo uno degli elementi dell’opera, perché il taglio sulla tela di Fontana può costare 250/500mila euro se di fatto è così facilmente riproducibile?
Esclusivamente perché è originale e, in quanto originale, unico e irriproducibile. È espressione di un artista in un momento storico. È una parte di storia dell’arte. Ha vissuto la sua realtà come la bandiera stracciati di un museo risorgimentale che ha ben altro valore di una bandiera nuova di zecca appena uscita dalla fabbrica di tessuti.
Giorgio Guglielmino Come guardare l’arte contemporanea e vivere felici pag 37-39
Categorie:Libri
Tag:Arte contemporanea, G. Guglielmino, L. Fontana, Libro
questa frase lo so fare anch’io , l’ho sentita mille volte e mi fa pure sorridere, perchè ho sempre pensato che chi sa fare tutto, poi non combina nulla… Parole solo parole , ma l’opera d’arte come giustamente spieghi tu è tutt’altra cosa. Bacio serale
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anche se sono persona molto originale (e direi anzi a motivo di questo) prima di dire che so fare qualcosa la devo conoscere e saper fare perfettamente. buon giorno
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Grazie mille per avermi fatto scoprire 2 artisti che non conoscevo! 🙂
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Che po questo post lo so gare anch’io
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Che poi non è neppure vero
😀
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😀 .D Abbraccio
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