La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace.E’ certo che l’esercizio mantiene il ricordo fresco e vivo, allo stesso modo come si mantiene efficiente un muscolo che viene spesso esercitato; ma è anche vero che un ricordo troppo spesso evocato ed espresso in forma di racconto, tende a fissarsi in un stereotipo, in una forma collaudata dell’esperienza, cristallizzata, perfezionata, adorna che si installa al posto del ricordo greggio e cresce a sue spese. E’ generalmente difficile negare di aver commesso una data azione o che quest’azione sia stata commessa; è invece facilissimo alterare le motivazioni che ci hanno condotto a un’azione e le passioni che in noi hanno accompagnato l’azione stessa. Questa è materia molto fluida, soggetta a deformarsi sotto forze anche molto deboli, alle domande «perché lo hai fatto? » o «cosa pensavi facendolo? » non esistono risposte attendibili, perché gli stati d’animo sono labili per natura e ancora più labile è la loro memoria.
Anche nel campo più vasto delle vittime si osserva una deriva della memoria, ma qui manca il dolo. Chi riceve un’ingiustizia o un’offesa non ha bisogno di elaborare bugie per discolparsi di una colpa che non ha, ma questo non esclude che anche i suoi ricordi possano essere alterati. E’ stato notato che molti reduci da guerra e da altre esperienze traumatiche tendono a filtrare inconsapevolmente i loro ricordi rievocandoli tra loro o, raccontandoli a terzi, preferiscono soffermarsi sulle tregue, sui momenti di respiro e sorvolare sugli episodi più dolorosi. Questi ultimi non vengono richiamati volentieri alla memoria e perciò tendono ad annebbiarsi col tempo e perdere i loro contorni.
Anche nel campo più vasto delle vittime si osserva una deriva della memoria, ma qui manca il dolo. Chi riceve un’ingiustizia o un’offesa non ha bisogno di elaborare bugie per discolparsi di una colpa che non ha, ma questo non esclude che anche i suoi ricordi possano essere alterati. E’ stato notato che molti reduci da guerra e da altre esperienze traumatiche tendono a filtrare inconsapevolmente i loro ricordi rievocandoli tra loro o, raccontandoli a terzi, preferiscono soffermarsi sulle tregue, sui momenti di respiro e sorvolare sugli episodi più dolorosi. Questi ultimi non vengono richiamati volentieri alla memoria e perciò tendono ad annebbiarsi col tempo e perdere i loro contorni.
La memoria dell’offesa da I sommersi e salvati di Primo Levi
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Tag:I sommersi e i salvati, Libro, Primo Levi, Storia