[…] I romans d’aventure del XIII secolo erano evidentemente scritti per compiacere un pubblico femminile, così come le chansons des gestes erano scritte per compiacere un pubblico maschile.
L’amore cortese, così come era concepito in questa società, aveva alcune caratteristiche ben individuate. Innanzitutto lo si considerava impossibile tra marito e moglie. “Il matrimonio non è una scusa per non amare” è la prima delle regole dell’amore, esso era basato sul convincimento che l’affetto che lega le persone sposate non ha niente in comune con il sentimento d’amore, che può, e persino, talora, deve, essere cercato fuori dal matrimonio. Peraltro è sufficiente rifarsi alle condizioni che presiedevano i matrimoni feudali per spiegare questo dogma che può suonare addirittura perverso alle orecchie moderne. Era nell’essenza dell’amore cortese l’essere una cosa liberamente cercata e liberamente data: non poteva essere cercato nel matrimonio feudale che, tanto spesso, era solo un accordo tra genitori che legavano tra loro i propri figli nell’interesse della terra. I feudi si sposavano: uomini e donne amavano. La donna adorata era sempre una moglie, ma spesso la moglie di un altro: era una delle regole del gioco.
Questa particolare concezione dell’amore aveva un’altra caratteristica. In esso la donna aveva una posizione di superiorità nei confronti dell’amante, altrettanto incontestata quanto la posizione di inferiorità della moglie nei confronti del marito. L’amore era, per così dire, feudalizzato: l’amante serviva la sua donna con l’umiltà con cui il vassallo serviva il suo signore. Doveva mantenere segreta agli occhi del mondo la sua identità. Nascondendola sotto nomi fittizi quando la celebrava nelle sue canzoni. Non solo doveva comportarsi con estrema umiltà davanti a lei, dimostrando un’infinita pazienza nelle prove a cui i suoi capricci e i suoi sdegni potevano (secondo ogni regola) sottoporlo, ma doveva anche far di tutto, sempre, per essere degno di lei, coltivando tutte le virtù cavalleresche […]
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