Il mio blog notes

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Picasso blu e rosa

Les Demoiselles d’Avignon opera cardine non solo nella carriera di Picasso ma per l’intera storia dell’arte occidentale, fu dipinta nel 1907 dal pittore appena venticinquenne. L’esigua età e la sconvolgente portata del dipinto bastano da sole a testimoniare la genialità di colui che per sempre avrebbe sconvolto e trasformato la percezione artistica del reale. Al nome Picasso l’immaginario collettivo associa automaticamente immagini sfaccettate e scompigliate d’ardua comprensione che caratterizzarono il cubismo – movimento inaugurato, appunto con le Demoiselles. Ma la singolarità del procedere creativo dell’artista era già evidente ben prima che la folgore cubista lo illuminasse, durante i cosiddetti periodi Blu e Rosa, nell’arco di tempo che va dal 1902 al 1906.
Sebbene nato a Malaga, Picasso trascorse molti anni a Barcellona, città allora d’avanguardia in Spagna dal punto di vista artistico. Qui il pittore aveva cercato, ancora giovanissimo, di liberarsi degli odiati precetti accademici acquisiti in anni di studio serrato in diverse scuole d’arte, per apprendere i principi che informavano l’allora dilagante movimento moderno. Alcune città europee promuovevano un vivace fermento di idee nuove e trasgressive: quella che più di tutti attirò l’artista fu Parigi, tanto che, a partire dal 1900, egli vi si recò più volte. Fu in seguito al soggiorno parigino del 1901 che Picasso iniziò a produrre una serie di tele dal fascino straordinario, caratterizzate da un’intensa monocromia azzurra e ispirate al malinconico mondo dei malati e degli emarginati.
Capolavori dal titolo La vita o il vecchio chitarrista

il vecchio chitarrista cieco

dimostrano come, ben prima del cubismo, Picasso avesse elaborato un linguaggio tutto personale di intensa forza evocatrice.
Le tele del periodo Blu recano immagini di corpi sottili, scavati dalla fame e lividi nella loro totale o parziale nudità: sono uomini e donne rassegnati, lo sguardo – laddove non vi sia cecità – sgranato, inchiodato nel vuoto della solitudine- immagini scarne, scevre da sentimentalisti. Grandi campiture blu di differente intensità dominano la scena immergendo, per così dire, immagini già di per sé desolate in un bagno glaciale. Mendicanti, vagabondi, prostitute, appaiono solitari e chiusi in se stessi, sprofondati in una sorta di limbo bluastro che li nobilita all’occhio borghese, quasi figure di santi pervase da luce ultraterrena, icone congelate e indurite dalla sofferenza. Influssi molteplici coesistono, mescolandosi magicamente in un’unità perfetta: la tradizione artistica spagnola prima di tutto, col suo amore per il pathos e la sofferenza, la poetica simbolista, la cabala, la simpatia per la boheme. Le visite al carcere parigino di Saint- Lazare produrranno figure di donne sempre più scarne e infelici, per lo più curve o accovacciate.
Ripetutamente compare il mare, anch’esso blu, elemento simbolico dai molteplici significati che depriva lo sfondo di riferimenti rendendolo uniforme e squallido. Le tele del periodo Blu sono raggelate nel silenzio e, per questo, eterne e sempre attuali. Sappiamo che Picasso sta patendo enormi difficoltà economiche aggravate dal fatto che le sue tele azzurre, oggi molto ricercate non riscuotono alcun successo tra i galleristi e i collezionisti suoi contemporanei: sono deprimenti, monocrome e cupe. Ma l’artista, con la sua personalità mediterranea, intricata e contraddittoria, non poteva identificarsi completamente in quell’universo. “La gente, a quanto pare, pensa che io sia un tipo tragico” disse al riguardo. “Ma a me piace ridere”.
Tra il 1902 e il 1904 Picasso vive tra Parigi e Barcellona, in preda a crisi di rabbia e scontento per mancanza di denaro e riconoscimenti. Quando è a Barcellona vorrebbe Parigi, e viceversa; coi numerosi amici catalani ha rapporti conflittuali, estremamente egoistici e possessivi. Il suicidio di Carlos Casagemas, avvenuto a Parigi nel 1901, susciterà discontinui sensi di colpa nell’artista che con lui aveva condiviso molte esperienze. Fu proprio qualche mese dopo la scomparsa dell’amico che Picasso iniziò a dipingere in blu, ma non solo a causa di essa. Egli era già in quegli anni profondamente interessato alla sperimentazione di nuove tecniche pittoriche e approcci visuali, come l’annullamento del rigore prospettico a favore di spazialità fortemente ambigue o la resa plastica attraverso le gradazioni di un unico colore, il blu – un colore già discusso dai teorici del simbolismo e amato dai modernisti. Le tele di questo periodo sono anche il frutto della passione di Picasso per la metafora nascosta e difficile da svelare, anch’essa forse un gioco o una provocazione, e’ una costante del maestro proporre sempre differenti vie d’uscita: alla staticità dei corpi e degli elementi raffigurati corrisponde la tanto sfaccettata quanto ardua e contraddittoria interpretazione dei simboli che essi incarnano, aspetto che l’artista porterà a straordinario compimento nel cubismo.
Dopo aver dipinto per tre anni le sue opere blu, Picasso mutò percorso. Si era trasferito definitivamente a Montmartre nel cadente edificio scherzosamente soprannominato Bateau Lavoir che ospitava pittori e scrittori squattrinati. Picasso, nonostante la povertà del luogo, vi si sistemò bene circondandosi degli amici più cari, per lo più suoi connazionali. Lentamente le tonalità blu si fecero meno raggelanti e le forme si addolcirono. La nuova amicizia con intellettuali francesi, soprattutto Guillaume Apollinaire, segnò l’inizio del periodo Rosa. Il poeta spronò l’artista ad abbandonare gli scenari precedenti per lasciarsi sedurre dallo spirito della boheme prettamente parigina. La vitalità andalusa andava recuperata e trasfusa nelle tele dai colori delicati, a tratti intensi, della nuova sperimentazione pittorica. L’influenza di Apollinaire si coglie soprattutto nell’amore di Picasso per gli arlecchini, nuovi protagonisti dei dipinti Rosa, insieme ai saltimbanchi e agli acrobati. L’artista prese a frequentare gli spettacoli circensi e teatrali: un mondo a sé, una grande metafora della vita che dietro le luci, i colori sgargianti e i numeri spettacolari incarnava ai suoi occhi significato profondi e grandi valenze simboliche. Le nuove tele si animano così di attori, saltimbanchi e arlecchini, tutti con pose ed espressioni enigmatiche, avvolti in una luce fortemente rosata che annulla gli sfondi. Ancora una volta Picasso si concentra su poche, statiche figure isolate che suscitano nell’osservatore le domande cosmiche celate in quelle arcane forme, come la presenza della grande scimmia dalle mani umane ne La famiglia dell’acrobata.

 famiglia-di-acrobati-con-scimmia

 

 

 

 

 

 

 

 

Picasso blu e rosa di Cosetta Dal Cin
Rivista Novecento N.1 febbraio-marzo 2003

Categorie:Riviste

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19 risposte

  1. chi non conosce bene questo grande artista deve leggere il tuo post. Pensavo di conoscerlo , ma dopo essermi immersa nelle tue parole mi accorgo di imparare sempre molto.
    Grazie di cuore e un bacio speciale

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  2. ho sempre preferito quel picasso. anche se riconosco la sua totale, complessiva originalità.
    pure di me diverse persone pensano che sia, se non tragico, per lo meno rinunciatario, negativo e pessimista. e invece sorrido e rido parecchio, divertendomi assai in qualsiasi situazione o quasi. ciao

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  3. Ti leggo ma io scrivo ogni tanto, li mio commento e non lo vedo! Ciao Anna!

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  4. lo trovato passward. Un abbraccio!

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  5. io I’ho trovato la mia passward

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  6. Bellissimo post, che permette di approfondire con sensibilità e competenza la pittura di Picasso.
    Picasso, cosa meno nota, ha scritto anche poesie, usò molto la metafora come fosse un’immagine, fu il suo stile poetico. Era pittore anche nello scrivere. Ha scritto pochissime poesie, versi a volte brevissimi, ma di grande impatto e significato.Leggendole suscitano interrogativi profondi, sul senso della vita, dell’amare. Fraziona l’immagine/metafora mostrando totalmente i vari aspetti di un oggetto, di un sentimento, scompone e poi ricompone come stesse stendendo una pittura.
    Ecco alcuni esempi:

    Il tabacco avvolto nel sudario
    vicino a due banderille rosa
    spira i suoi disegni modernisti
    sul cadavere del cavallo
    e al fuoco del suo occhio
    scrive sulla cenere
    l’ultima sua volontà.

    ecco altri versi brevissimi:

    Il Cigno sul lago a modo suo fa lo scorpione

    oppure:

    Ofelia cade in un bicchier d’acqua e annega

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    • Non conoscevo il Picasso poeta. L’ultima poesia ricorda tanto un detto su chi non è capace di sbrigare un qualcosa.
      Il Picasso del periodo blu ricordo di aver visto una mostra su di lui alla GAM di Torino parecchio tempo fa. La trovai molto interessante.
      Abbraccio virtuale 😀

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  7. Complimenti, una dotta e completa lezione di storia dell’arte che essendo io un appassionato , ho apprezzato e letto con interesse.
    Um caro saluto. fulvio

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  8. buon natale.
    non sarà per me un giorno diverso dagli altri.
    anche se mangerò in modo differente

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  9. interessantissimo il tuo articolo, non conosco molto Picasso, ma il suo periodo blu mi è sempre piaciuto, lo trovo come in certe sere di tramonto, prima del buio della notte, quel blu, una dolce malinconia del silenzio che mi accarezza…ma sa essere una profonda unione tra giorno e buio, serenità e tristezza. Forse sono solo io a vederla così…😉🤭
    Un abbraccio 🥰
    Chiara

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